Fatti di Montejurra

Vista del Montejurra dal monastero di Irache
Bandiera carlista con la croce rossa di Borgogna in campo bianco

I fatti di Montejurra (Jurramendiko hilketak in basco) si svolsero il 9 maggio 1976, all'inizio della Transizione spagnola, durante gli atti politici che tradizionalmente accompagnavano l'annuale Via Crucis che dal 1939 i carlisti realizzavano sul monte navarrese di Montejurra, in memoria dei Requeté uccisi nella Guerra civile spagnola.[1]

Durante il pellegrinaggio, gli uomini della Comunione Tradizionalista di Sisto Enrico di Borbone-Parma, fratello di Carlo Ugo e contrario alle sue posizioni socialiste, con l'appoggio di irriducibili franchisti prepararono una violenta operazione contro il Partito Carlista e i seguaci di Carlo Ugo per recuperare gli atti di tradizionalismo e promuovere l'"intronizzazione" di Sisto a capo del Carlismo.

In questa operazione, nota come Operazione Reconquista, a cui hanno preso parte anche mercenari neofascisti italiani e argentini, alcuni sostenitori di Sisto Enrico hanno aperto il fuoco sui partecipanti all'annuale pellegrinaggio. Ricardo García Pellejero e Aniano Jiménez Santos sono stati uccisi e molti dei presenti sono rimasti feriti dopo che uno dei presenti ha aperto il fuoco con una mitragliatrice con l'intento di provocare una strage.

I morti a seguito di quegli eventi furono riconosciuti solo nel 2003 come vittime di terrorismo in quanto prima venivano banalizzati come una semplice diatriba interna tra i partitari di Sisto Enrico e Carlo Ugo, portatori di differenti idee politiche.[2][3] Parteciparono membri dell'internazionale di estrema destra di Argentina, Francia e Italia.[2] Tra questi ultimi vi erano Augusto Cauchi e Stefano Delle Chiaie.[2] I pochi arrestati furono rilasciati pochi mesi dopo nel 1977 in seguito ad un'amnistia generale.[2][4]


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